Tunnel Carpale

postato il 01·10·2018 in

Secondo la letteratura scientifica classica la Sindrome del Tunnel Carpale (CTS) è dipesa da una compressione cronica del nervo mediano a livello del polso(1). Il tunnel, formato dalle ossa del carpo e il legamento trasverso che vi passa a ponte, è attraversato da varie strutture anatomiche fortemente adese tra di esse. Si capisce bene come una variazione cronica di pressione.

 

 

Letteratura scientifica

Il nervo mediano originato dalle radici spinali delle vertebre cervicali (C5-T1), fa parte del plesso brachiale, ovvero quel gruppo di nervi che attraversano il braccio. La sua funzione è duplice, motoria e sensitiva, e una sua compromissione cronica può condizionare la sensibilità dei segmenti cutanei del braccio che esso attraversa e la capacità contrattile dei muscoli con i quali prende contatto. 

I pazienti manifestano in una fase iniziale soprattutto dolore notturno, Spesso associato ad una sensazione di gonfioreintorpidimento che può estendersi dal polso alla spalla. Tali sintomi si alleviano con il movimento della mano e soprattutto al mattino, dovuto alla stasi vascolare che si genera a livello del braccio. Quando il processo infiammatorio tende a peggiorare allora il dolore permane in maniera significativa anche di giorno compromettendo la resistenza muscolare. Il paziente così riferisce di perdere forza e precisione nella presa di oggetti; il perpetrarsi di tale condizione porta all’atrofia dei muscoli tenari e necessita di un intervento chirurgico per la decompressione del nervo.

Per facilitare la comprensione di quest'argomento, alquanto semplice in apparenza ma in realtà complesso ho deciso di realizzare e pubblicare un video in cui illustra, oltre la struttura anatomica del braccio umano, le principali tecniche eseguite per la diagnostica della sindrome del tunnel carpale. Per la realizzazione ha partecipato il collega Pietro Giannattasio, al quale rivolgo i miei ringraziamenti.

 

La parola al paziente

Molti dubbi e molte lacune emergono dalla ricerca scientifica. Spesso vengono azzardate diagnosi (sentenze) affrettate, o si tende a sminuire il problema prescrivendo farmaci che risultano essere inefficaci ai fini terapeutici. La pratica e l’osservazione clinica la fanno da padrone, sia per una valutazione ottimale che per un trattamento specifico. La maggior parte dei pazienti si annovera tra le donne (9.2% delle donne contro il 6% degli uomini) e tra le cause più comuni ci sono quelle di origine lavorativa. Movimenti ripetuti di allungamento e di carico possono contribuire alla generazione di tale sindrome, così come la presenza di fattori estrinseci (la gravidanza, la menopausa, l’uso della pillola anticoncezionale, l' insufficienza renale ma anche obesità e ipotiroidismo).

Recenti studi stanno mettendo in relazione i dati riguardanti le donne con le variazioni ormonali estrogeniche e progestiniche. Il deposito periferico di tali ormoni sembrerebbe prediligere i legamenti (come spugne) e in particolar modo quelli del carpo. Ciò potrebbe giustificare la presenza di tunnel carpale bilaterale (a entrambi gli arti). Quindi l’identificazione corretta dell’origine di tale sindrome potrebbe velocizzare di molto la rapidità di intervento preservando l’integrità del nervo e le sue funzioni motorie e sensitive.
Sarebbe relativamente utile prescrivere riposo o immobilizzazione (approccio meccanico) ai polsi a una donna che sviluppa tale sindrome in concomitanza dell’insorgenza della menopausa. Così come sarebbe opinabile un trattamento invasivo o mininvasivo di decongestione del tunnel carpale in un paziente che manifesta sintomi neurologici radicolari (dipesi da ernie o protrusioni cervicali).

 

Metodologie integrate

Come si può evincere dalla premessa, questa patologia può avere nature di origini differenti. Una visione parziale del paziente e di questa patologia può non essere sufficiente ad identificarne la causa. La figura professionale che potrebbe avere una visione più allargata è quella del Medico generico (o di famiglia) che con esperienza e dei piccoli test differenziali permetterebbe di comprendere al meglio lo stadio della patologia e la natura della sua origine.

 

Modello e approccio teorico

Quando la compressione del nervo mediano non è arrivata a uno stadio troppo avanzato da necessitare l’intervento chirurgico, uno degli approcci complementari più funzionali alla risoluzione di tale problematica è proprio quello osteopatico.
L’approccio iniziale è quello di un’attenta osservazione ed esplorazione dei segni clinici in loco -ovvero dove si manifestano i sintomi- e a distanza. In entrambi i casi è possibile evidenziare elementi tipici di una disfunzione con segni: cutanei (calore e rossore se la sintomatologia è acuta, secchezza e riduzione della temperatura se cronica), articolari (con restrizione e asimmetrie di movimento valutabile con l’altro arto) o neurologici/sensitivi (dolore, sensibilità al tatto, forza muscolare e riflessi).

La sede di un’area disfunzionale è un campo di perturbazione che può agire in fase acuta nelle aree circostanti, e in fase cronica anche a distanza. È per questo che l’ispezione osteopatica mira a valutare il paziente nel suo complesso, perché la manifestazione clinica del tunnel carpale può essere soltanto la vittima di uno squilibro che fonda le sue radici anche a distanza. In tal caso, il perpetrarsi di un'azione meccanica a carico del polso non fa altro che alimentarne il processo infiammatorio.
L’osteopata pertanto si avvale di alcuni test molto semplici che valutano la dolorabilità e la suscettibilità del nervo in loco e sono:

  • Phalen test
  • Tinel test

Accanto a questi si valuta la presenza delle disfunzioni primarie soprattutto nelle aree legate al nervo mediano e quindi:

  • Relazione Mandibola-Cervicale
  • Valutazione dei muscoli Scaleni
  • Mobilità della clavicola
  • Membrana interossea (tra radio e ulna)
  • Sinergia dei muscoli epitroclerari ed epicondiloidei
  • Mal posizionamento delle ossa del carpo

L’obiettivo del trattamento è:

  • Liberare il decorso del nervo mediano
  • Migliorare l’afflusso sanguigno dei vasa nervorum (i vasi arteriosi che nutrono il nervo)
  • Ridurre la pressione che si genera all’interno del tunnel

Se il trattamento risulta essere efficace sin da subito si possono apprezzare i seguenti cambiamenti:

  • Riduzione del dolore a riposo
  • Migliorare l’afflusso sanguigno dei vasa nervorum (i vasi arteriosi che nutrono il nervo)
  • Ridurre la pressione che si genera all’interno del tunnel
  • Parestesie (sensazione di addormentamento) meno presenti per intensità ed estensione

Valutazione differenziale osteopatica

L’osteopata identifica le aree disfunzionali e le mette in relazione per capire quale possa essere la causa scatenante. Dal punto di vista meccanico ad esempio ci possono essere delle relazioni importanti tra il mal-posizionamento della mandibola e lo sviluppo di una cervico-brachialgia con sintomatologia simile a quella del tunnel carpale. Lo stress asimmetrico dei muscoli della masticazione (es. pteriogidei, masseteri, omoiedei) crea una rigidità riflessa dei segmenti cervicali dove emergono le radici del nervo mediano.
Quest'ultimo distaccandosi dal tratto cervicale attraversa la spalla (stretto toracico superiore) passando posteriormente alla clavicola. Qui incontra i muscoli accessori della respirazione (muscoli scaleni) che se messi in eccessiva tensione possono comprimere il nervo alterandone la funzionalità. Con un test d’inibizione si possono detendere i suddetti muscoli inclinando il capo e chiedere se si allenta la sintomatologia. Oppure si possono mettere in tensione piegando il capo dal lato opposto e richiedere un’inspirazione da parte del paziente. Se la sintomatologia peggiora vuol dire che il problema sarà a quest’altezza.

 

Consigli per il paziente

L’accertamento diagnostico per eccellenza è l’elettromiografia che evidenzia l’eventuale compressione del nervo, ne valuta la gravità e riesce a discriminare quali possano essere i segmenti più colpiti.
Utile e poco dispendioso è lo screening per l’ipotiroidismo e per il diabete.
Più accurata e dettagliata (anche se più costosa), dal punto di vista anatomico, sarebbe invece la diagnosi con risonanza magnetica ed ecografia muscoloscheletrica. Queste permetterebbero la valutazione di eventuali anomalie strutturali o presenza di edemi tendinei e appiattimenti del nervo mediano.
Nel caso in cui si sia diagnosticato un vero tunnel carpale è necessario intervenire con prontezza, applicando la borsa del ghiaccio sulla zona ventrale del polso, immobilizzandolo con un tutore soprattutto di notte e riposare sul fianco opposto al polso interessato.
Due esercizi possono essere molto utili per alleviare la sintomatologia e non hanno alcun effetto collaterale:
1. Flessione massima. Flettere gomito e polso rivolgendo la mano interessata verso il proprio braccio. L’altra mano esercita una leggera spinta del polso in una ulteriore flessione.
La spinta esercitata è di 15-30 secondi. Inoltre, nei primi 4 secondi di spinta si può far esercitare una leggera resistenza al polso interessato, per poi abbandonarlo passivamente alla spinta dell’altra mano.
2. Circumduzione. Prima di andare a dormire e al risveglio può essere utile eseguire una circumduzione della spalla dal lato del polso interessato, sia in avanti che indietro. Questo movimento lento e profondo va eseguito fino a quando non si avverte un miglioramento dell’escursione articolare. Serve a liberare il cingolo scapolare e quindi le restrizioni del decorso del nervo mediano.

 

Approfondimento (per i più curiosi)

nervi periferici, come appunto il nervo mediano di cui abbiamo parlato sinora, hanno delle localizzazioni ben precise grazie a dei punti di ancoraggio ossei o fasciali. Hanno anche un certo grado di elasticità tale da garantire il deflusso assonale e sanguigno intraneurale in tutti i movimenti fisiologici delle articolazioni che vengono da essi attraversati. Ad esempio, il nervo mediano in condizione di estensione di gomito e polso tende a stendersi in quanto i suoi punti di ancoraggio si allontanano. L’opposto avviene in flessione. Ma il suo punto critico risulta essere l’attraversamento del avambraccio. Qui si interseca tra i fasci della membrana interossea e ne risente direttamente delle forze di torsione che si sviluppano nella prono-supinazione tra radio e ulna.
Nella massima pronazione il radio scavalla completamente l’ulna creando un vero e proprio restringimento del decorso dei vasi e dei nervi. Se questo non avviene in maniera fisiologica o se le articolazioni (prossimali o distali) non sono completamente libere da disfunzioni, un’azione meccanica anche minima (ad esempio sollevamento pesi, vibrazioni, postura da lavoro) può generare una sindrome da intrappolamento con coinvolgimento del polso.

 


Bibliografia e riferimenti

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