Quando ho un dolore a chi mi rivolgo? All'osteopata o al fisioterapista? È un bel dilemma! Spesso amici o pazienti mi pongono questo quesito poiché c'è molta confusione. Infatti a volte capita anche tra i medici specialisti di non saper indirizzare il proprio paziente in maniera opportuna. Sembrano discipline molto simili poiché si propongono di migliorare la qualità di vita del paziente ma nell'approccio al paziente e alle sue problematiche intervengono in maniera del tutto differente.
Io sono specializzato in entrambe le discipline e nella pratica quotidiana difficilmente adopero un approccio unicista, solitamente il mio lavoro è basato su un mix di interventi calibrato sulle necessità del paziente. Anche se questa modalità di lavoro può essere assorbita da un unico professionista, l'ideale a mio avviso è di avere due terapisti differenti che integrino la propria visione per il bene del paziente. Spesso gli specialisti tendono a concentrarsi sul proprio punto di vista e col tempo finiscono per isolarsi. Dalle mie esperienze di collaborazione sono sempre emerse soluzioni nuove arricchendo il mio bagaglio professionale e soddisfacendo meglio le esigenze del paziente.
L'intento di questo mio articolo è di chiarire le differenze tra osteopatia e fisioterapia e capire quando è necessario rivolgersi all'uno o all'altro professionista.
L'osteopata si avvale quasi esclusivamente di un approccio manuale sia per la valutazione che per il trattamento. Il suo intervento è eccellente a scopo preventivo e nei traumatismi acuti. Le sue manipolazioni servono infatti a prevenire i blocchi fasciali, articolari o viscerali che protratti nel tempo determinano l'instaurarsi di patologie. Gli osteopati hanno un grande successo con i bambini proprio perché in essi si possono sviluppare delle tendenze future che possono essere ampiamente evitate attraverso la manipolazione delle aree disfunzionali. Raramente i trattamenti osteopatici sono ravvicinati soprattutto in fase preventiva.
Il fisioterapista viene definito riabilitatore. È colui che interviene quando i meccanismi patogenici si sono instaurati e attraverso il suo intervento terapeutico è in grado di ripristinare una funzione persa. Spesso i fisioterapisti si avvalgono anche di alcuni apparecchi elettromedicali per i trattamenti e il calendario terapeutico prevede una frequenza di incontri più ravvicinati. Restituire una funzione persa non è semplice e se il paziente non è stimolato frequentemente difficilmente può recuperare in maniera efficace. La fisioterapia è indispensabile nei post interventi cardiaci, scheletrici e neurologici ed è altresì utile quando un dolore muscolo-scheletrico si è cronicizzato (oltre i sei mesi).
Il dolore è un meccanismo protettivo. È una spia che si attiva per informare il cervello di una disfunzione presente nel corpo. Quando insorge è perché stanno venendo meno i meccanismi naturali di equilibrio del corpo. Ci troviamo di fronte ad una condizione parafisiologica. Se il corpo non è in grado di ripristinare naturalmente la fisiologia si entra nella patologia.
Quindi prima di ricorrere al terapista è bene porsi alcune domande. Da quanto tempo ho il dolore? È costante o ricorrente? È avvenuto a seguito di un trauma specifico o è peggiorato nel tempo? Se il dolore è avvenuto a seguito di un trauma diretto, in assenza di danni d'organo come fratture o lesioni interne, ed è ancora nella fase acuta è bene rivolgersi a un osteopata. Invece, nel caso in cui si siano instaurati delle lesioni, successivamente all'intervento medico, è strettamente necessario ricorrere alle cure di un buon fisioterapista.
Come già accennato nell'introduzione le due discipline sono fortemente complementari e capita a volte che l'una subentri all'altra. Ad esempio nel caso di una distorsione al ginocchio durante una maratona una volta escluse lesioni ossee, l'ideale sarebbe intervenire con l'osteopatia nelle prime fasi per ripristinare una condizione di equilibrio prima che si instaurino definitivamente i meccanismi fisiologici antalgici e i primi atteggiamenti di compenso. A seguito del riposizionamento è opportuno proseguire con il lavoro fisioterapico per recuperare in maniera accurata i micromovimenti articolari e la propriocezione utili alla deambulazione e alla corsa.
Se, invece, a seguito della stessa distorsione fosse avvenuta una lesione ossea l'approccio sarebbe stato totalmente differente. Dopo le cure mediche specialistiche che mirano alla stabilizzazione clinica e al ripristino della lesione ossea (della durata di circa 30 giorni) il paziente avrebbe necessità di recuperare progressivamente l'articolazione e i suoi movimenti compromessi dalla lesione e dall'immobilizzazione e sarà quindi opportuno il percorso riabilitativo classico. Quando il paziente ha recuperato quasi del tutto il suo ginocchio e quindi è uscito dalla condizione patologica potrebbe essere utile un trattamento globale osteopatico (GOT) per eliminare i compensi e ottimizzare la postura in maniera più armonica possibile.
Come tutti gli interventi terapeutici anche queste due discipline hanno dei limiti operativi ma non sono quelli che comunemente siamo abituati a pensare. Alcuni li sconsigliano nei soggetti osteoporotici o nei malati oncologici, nulla di più falso. I limiti concreti di questi approcci sono rappresentati dalle infezioni acute e dalle lesioni (ossee e/o di organo) non stabilizzate clinicamente.
Bibliografia e riferimenti